venerdì 9 giugno 2023

Sostituzione

Scusate ero via. Mi hanno detto metti via. Mi sono detto sono via. 

Ecco dunque: la parola di oggi, forse di questo prossimo secolo è: sostituzione.

Il ChatGpt, il robot della chat, ti parla come ti parla una persona. Finora tutti gli altri media ti parlavano come una persona ma questa volta è diverso. Molto diverso. Sostituisce tutto, anche una buona parte di te stesso. Certo, prima deve imparare chi sei ma poi ti sostituisce. Comodo non dover più dipendere da questo e quello, e così entri nel gioco della mutazione e della sostituzione.

Gli italiani stanno scomparendo e dunque è in corso la sostituzione etnica. Quella di cui parliamo invece è una sostituzione trasversale radicale che riguarda tutti. 

Ma vediamo perché si arriva a questa roba terrificante o entusiasmante (nel caso si voglia credere che sostituirà solo la tua parte di cose noiose da fare).

Praticamente tutta la tua vita da un po' di tempo sta passando attraverso lo schermo, la tua identità è trasferita nel digitale. Senza l'identità digitale man mano la tua identità non digitale scompare. Ma ci vorrà un certo tempo, per scomparire del tutto, forse mai. In realtà si sta più velocemente assottigliando la differenza tra il tuo reale e tuo digitale.

La tesi è questa: i media come diceva Pier Paolo Pasolini sono di natura fascista (anche se dire fascista è improprio ma dà l'idea). I giornali (che non ci sono più), la radio e la tv parlano a te ma anche agli altri. E' un tipo di comunicazione uno a tanti, come quella dei dittatori alle folle, uno parla e la massa giubila, o come il prete ai fedeli. 

I social, invece, parlano a te ma sono una massa informe di altre persone che ti parlano. Certo è sempre un media e come tutti i media è opprimente e totalitario quando non ha concorrenti e alternative. 

Le radio libere non erano totalitarie, erano la risposta alla dittatura. Ora non hanno più un peso perché vince sempre la mediocrità. Ma almeno abbiamo avuto tante fonti di informazione.

Così i social sono una piazza-bar sport-ritrovo -club-circolo dei soci, tutto frullato bene. Dove ti chiedono i dettagli della tua vita in cambio di pubblicità e servizi.

ChatGpt invece è una macchina che ti parla e quella macchina ti dice, come fosse un amico speciale, un'amica ammiccante: chiedimi tutto quello che vuoi. Anzi più precisamente. Chiedimi qualsiasi cosa...

Dunque siamo alla sostituzione definitiva, quella umana. Perché poi dice: Bentornato. Di quale argomento vuoi chattare? Visto che stai guardando questa pagina allora ti dico anche che..

Il mostro alieno si sta impossessando di noi, sta cominciando a sbranare gli agnelli della mandria, la parte più debole del corpo popolare. E il salto di specie dell'esercito degli zombi digitali è proprio ChatGpt e i suoi seguaci, Bard di Google e così via.

martedì 15 febbraio 2022

Ultra corpi della pianura

L'Europa ha tanti Stati, uno è l'Italia, l'altro la Germania. A un certo punto della storia la Germania si prende la Germania dell'Est, le banche dell'Ovest finanziano i prestiti delle povere famiglie dell'Est che, insieme alle povere famiglie polacche e poi ungheresi e così via diventano parte della grande area europea che si assume il debito delle banche tedesche e lo ingloba nel valore dell'euro. Questo accade dal 1990 al 2000.

Nel giro di 20 anni i nuovi nati del Belpaese crollano, l'Italia dei paesi e dei comuni più belli del mondo si spopola, arrivano i belgi a comprare interi borghi a Rieti e a Terni tanto per fare un esempio. Gli artigiani e impiegati tedeschi diventano più ricchi degli artigiani e impiegati italiani. Gli studenti migliori vanno all'estero per cercare fortuna. I più furbi vanno a spendere la pensione in Portogallo, la maggior parte si impoverisce e non arriva alla fine del mese.

Però l'Italia diventa esportatore di beni nel mondo come non accadeva da tanto. Moda, mobili, design a anche e sopratutto macchinari, utensili e strumenti di lavoro. Così trasforma le materie prime a basso prezzo e grazie alla globalizzazione dei mercati va in Asia e America e ovunque cresce la domanda di cose fatte bene. La Lombardia, il Veneto, l'Emilia Romagna e le Marche con Friuli e Trentino Alto Adige diventano l'area europea più ricca mentre tutto il resto soffre. A parte il turismo che attira in alcune località il Centro Sud non ce la fa più a tenere il passo.

Le scuole e gli ospedali marciscono tranne al Nord, le città di mare del Sud sono devastate dall'incuria. sono gli effetti combinati di un nuovo mercato europeo di merci e persone e di un nuovo mercato mondiale di merci e di persone che nel frattempo con il crollo delle barriere doganali spinge la crescita di Cina, India ma anche di Brasile e Russia. 

In pratica le fabbriche tessili muoiono perché arrivano le merci asiatiche. Però le industrie cinesi hanno bisogno delle tecnologie italiane per produrre i bulloni. Per non dire delle automobili tedesche che prendono le componenti italiane di precisione meccanica. Insomma una nuova grande babilonia che per un po' sta funzionando. La classe media in Europa e Usa scompare, mentre cresce ovunque. Insieme alla estrema ricchezza di pochi e alla disuguaglianza.

E' vero che la differenza tra i più ricchi e più poveri è cresciuta a livello di record. Ma è anche vero che siamo diventati 7 miliardi dai 3 miliardi di prima ed è cresciuta anche l'età media dei Paesi del terzo mondo, come si chiamava. Dunque siamo felici dell'accoglienza della Terra che nel frattempo è diventata più calda e accelera ancora.

Però ero partito dai turisti tedeschi e anziani svizzeri che scendono in furgone e bicicletta verso le spiagge toscane. Si vedono svizzeri tedeschi e austriaci anche. Sono i settantenni in pensione con bici elettrica assistita pronti a sedersi davanti a un piatto di lasagne che non sono più lasagne ma che ancora si chiamano lasagne per fare un piacere a chi ne ha sempre sentito parlare bene.

Ecco questo signori adesso sono gli unici umani a passeggio dei borghi antichi sulle colline dell'Italia delle regioni. Gli italiani rimasti, i toscani, sono anziani al cellulare con la mamma a prendere un cappuccino. I figli di questi italiani pensionati, coi capelli lunghi un pò ubriachi già la mattina, sono andati in Scozia a fare i veterinari oppure a Londra a fare i camerieri in attesa di sfondare.

Ma l'Italia resta un grande Paese in trasformazione verso l'ignoto sempre più radioso di sorprese. Secondo la nuova divisione del lavoro internazionale ma nazionale, gli egiziani fanno i muratori e i ristoratori, i tunisini i barbieri e gli spazzini, le ucraine le portiere e le badanti, i centro americani i trasportatori di merci dhl/ups. I fiorai sono sempre stati indo pakistani come certi portieri di palazzi bene. Gli africani invece spacciano droghe e si prostituiscono. Se hai bisogno di un meccanico o un idraulico o un carrozziere invece vai sul sicuro. E'un italiano vero.

giovedì 2 settembre 2021

Un muro nella testa

- Hai detto che ti chiami Serena, mi ricordo che ti chiami Serena. Non è vero?

- No, io sono la Brunella.

Avevo immagazzinato l'idea di Serena perché Serena è nome lombardo. Non che questa Brunella fosse bella come la Serena che immaginavo ma per comodità mi ero appoggiato a questa idea per darle un contesto. Per riportarla dentro uno schema notorio. 

E così per più di una volta incontrandola nel parco, lei e il suo compagno Fango, pensavo: ecco la Serena. Pensavo, forse non si chiama Serena ma è il nome che più si avvicina all'idea che mi sono fatto del suo nome quella volta che me l'ha detto.

Infatti Brunella non era neanche vicina alla Serena postina dei partigiani, che era una bionda bella e forte. Eppure ero quasi sicuro. Serena come la partigiana del film sulla resistenza in Val Padana. Come i protagonisti di Novecento di Bernardo Bertolucci o di Citto Maselli, donne partigiane in aiuto di compagni partigiani. Il popolo buono, il bello della rivoluzione poi estesa dal dopoguerra al 68.

Peccato poi che per Bertolucci i figli della sua rivoluzione sono diventati i Dreamers di Parigi, dove i fanciulli si ubriacano del vino buono dei genitori e montano una tenda in cucina. Tutta una scusa per riportare il ricordo di Marlon Brando con gli ultimi fuochi di ragazzini angelicati. Ma non importa, le ultime opere dei grandi autori sono sempre un disastro.

Insomma finalmente ci siamo chiariti. Sei Brunella e non sei Serena. Meno male, perché a furia di non risolvere i conflitti si finisce per essere vittima dei conflitti. Così abbiamo messo una parola fine al dilemma. Rimane il dubbio di come sia possibile che il volto o il corpo o il contesto parlino insieme e portino a un solo grande misterioso corpo del ricordo.

Certo è così. Ma allora chi era la partigiana del film che prendeva la bici e andava a portare messaggi. Quella si assomigliava tanto alla Paola. Allora Paola era come la protagonista del film. E Serena allora?

giovedì 10 giugno 2021

Uccio e il cinghiale bianco

Arrivò nella casa ai primi di novembre per le prime sessioni di esame all'Università dopo un lungo viaggio. Ma il suo amico Uccio era partito da Catania in moto e, insieme, fecero ingresso nella stanza in fondo. L'appartamento aveva una bella stanza da letto con visione del parco della scuola media dal piano rialzato. Si vedeva bene l'ufficio del Catasto di via Reggio Calabria mentre il nostro ingresso era in via Cremona sulla collinetta di Roma che portava verso piazza Bologna.

Quando Uccio se ne andò le chiesi. "Perché si chiama Uccio e non Nuccio". Allora lei disse che il nome vero fosse Sebastiano se non addirittura Alfio. La cosa interessante era però che tra le cassette di musica saltò fuori L'era del Cinghiale Bianco, il secondo o il terzo disco pop di Franco Battiato. 

Portava una tuta da magazziniere che poi mi ha prestato un giorno che non trovavo un paio di pantaloni puliti. I capelli castano chiari erano legati dietro la schiena nel periodo in cui erano lunghi e cadevano lisci a lenzuolo come l'acqua al sole della fontana. Per passare inosservata incrociava le braccia e stringeva le spalle, spesso camminava radente ai muri e incurvava la schiena. Usava la mano con la sigaretta per nascondere la faccia con il palo della mano a fare da sostegno. 

Solo se presa di mira alzava gli occhi ed erano più grandi del previsto. Più che azzurri erano di un rossoblu quando doveva fulminare l'interlocutore. Era così dolce dentro da apparire fuori come una tartaruga corazzata di munizioni. Non parlava mai d'amore, tranne quando scioglieva la coda di cavallo alla fine della giornata come fanno le donne austere delle isole del Nord Europa. Di notte la paglia era vicino al fuoco e il fuoco era dentro di noi.

Passando da via dei Giubbonari verso largo Argentina si vedevano borse di pelle della Tuscia, ma quando sono salito sul gradino di ingresso ho solo detto: "Mi fa un pacco regalo, per favore". Poi comprai qualcos'altro e le portai tutto fino al quarto piano dove avevamo un angolo della stanza riservato vicino al finestrone. Così lei restò in reggiseno bianco togliendosi la maglietta, e provò le misure della nuova gonna rossa da zingarella. Che decise in pochi minuti di ricucire nella parte dell'orlo prendendo con ago e filo, spostatasi in favore di luce.

Ascoltammo Battiato e per me era la prima volta. Avevo sentito prima solo Pollution o Fetus, ai tempi delle radio libere di quartiere quando i ragazzi sul terrazzo aggiustando la grande antenna cantavano i versi di santità rivelata e ingenua di certe canzoni. Lui era un misto tra professore di religione e il devoto dei sufi. Ma a me ricordava anche una maestra di matematica delle medie. Ascoltammo le cassette di seguito senza parlare, ne ascoltammo tante. Anche quella con gli America. E la carta da parati nella zona del cuscino si era strappata e in alcune zone diventata scura come tinta di olio.

venerdì 16 aprile 2021

Mucciaccio

Era un ragazzo quasi biondo con dei riccioli, senza barba né baffi. Se ne parlava con rispetto ed educazione, era il migliore della squadra avversaria. Quando correva verso la palla sembrava un ballerino o che pestasse delle uova, con le gambe larghe allargate a cancello. Al momento della scena madre, la punizione dal limite, si preparava al tiro tenendo le braccia alte come le ali di un uccello spaventato.   

Aveva anche una bella stangata da fuori area. Tirava sull'angolo e il pesante pallone di cuoio deformato scheggiava il palo quadrato fatto di legno. I tifosi lo osannavano al punto che il padre sugli spalti era circondato sempre di gente. Invece i tifosi avversari dicevano che era malato, nel senso che sembrava facesse la sfilata. Come se fosse un damerino, perché loro erano dalla parte degli uomini duri.

In una domenica di primavera la gente era vestita da domenica con la giacca. Qualche ragazzo portava i capelli freschi da parrucchiere, con le onde sulla testa come fossero le onde del mare forza 7 ma regolari. Francesco era detto u Mucciaccio e grazie al Mucciaccio la squadra vinse il derby, la sfida della città con 5000 spettatori sugli spalti dello stadio dedicato a San Gaetano. 

All'ingresso in campo le righe sulla terra di gesso erano intatte, come disegnate dalla carriola. Al momento del goal, dal'anello di sopra la gente saltava all'anello di sotto, qualcuno si abbracciava e il pallone andava a finire tra gli eucalipti o nel campo di ulivi per l'esultanza. All'inizio del secondo tempo la gente cambiava zona e i più esperti, di solito chi leggeva il giornale al bar, si posizionava a tre quarti della tribuna.

Turi Farfalla per difendere gli sconfitti arringava la folla accusando l'arbitro di ogni male possibile, poi si rivolgeva al singolo calciatore e lo copriva di insulti. I ragazzini seguivano il predicatore come se fosse il capo banda. C'erano due cartelloni della pubblicità sul bordo del campo, uno dedicato ai materiali per l'edilizia e l'altro alle autorimesse. Farfalla, era il soprannome, fumava e urlava facendo più volte il giro delle tribune scoperte. 

Il presidente seguiva l'azione di gioco a bordo campo e si contorceva a ogni scontro o tiro pericoloso. Giocava la sua partita e spesso parlava di un terzino chiamandolo Vavaluce, cioè lumacone. Per lui invece io ero Rivelino perché assomigliavo nel gioco all'ala sinistra del Brasile campione del mondo. Ma non giocavo ancora le partite dei grandi. 

Spesso il Muccciaccio si scontrava con l'arcigno difensore avversario e cadeva per terra. Ma giocava un calcio superiore come se venisse dall'estero, si diceva che fosse nato in Argentina. Poi abbiamo capito che Mucciaccio stava per muchacho, nessuno all'epoca sapeva delle lingue estere, compreso  l'italiano. 

Anche Don Jose era venuto o tornato dal sudamerica ed era il custode degli spogliatoi. Dove dopo la partita si accalcavano tutti i protagonisti, compresi gli allenatori e i massaggiatori. Intervistai l'allenatore vittorioso. Presi appunti su un quaderno in mezzo alla folla di gente sudaticcia e in calzettoni.

Dopo il derby facemmo una riunione di redazione, il giornale era distribuito a mano nelle strade vuote la domenica per la crisi del petrolio. E insieme si decise di intervistare il Mucciaccio. Così una sera presi il mio quaderno e salii per le scale di una casa vicina alla mia della 4 traversa. 

Suonai il campanello, era una scala stretta e ogni scalino era altissimo. Salii dal pian terreno al primo piano ed entrai nella cucina dove a un tavolo illuminato era seduto il Mucciaccio. Dopo averlo salutato mi sono seduto, ho aperto il foglio e con la penna in mano gli feci la prima domanda.

martedì 15 dicembre 2020

Fa l'uovo

La gallina fa l'uovo e il gallo gli brusca il culo. Era adirata, piangeva quasi. E lui non l'ascoltava, anzi rideva. Allora lo crilicava tutto, gliene diceva un pò. E lui per un po' aspettava finché non avesse smesso. Poi ricominciava a scherzare con gli occhi e la bocca. Voleva parlarle ma poi finiva solo per accarezzarle la guancia con la mano ruvida. Non l'accarezzava con le dita, ma solo con il dorso ruvido e ingorssato dal freddo, come se le dovesse darle un pugno. Così lei faceva un gesto e per disprezzo si faceva da parte. O léviti, spicchiti u maccu! Fatti da parte, vati a ripulire le fave secche dalla scorza.

lunedì 14 dicembre 2020

Viliuzza

Ti desidero, farei qualsiasi cosa per te. Se non avessi più te meglio morire. Fra le tue braccia ancor avvinta come l'edera. Potrei morire finché non ti avrò. 

In realtà ti vengo dietro perché tu mi piaci ma ancora non mi vuoi. Se tu mi volessi avere ogni giorno forse mi annoierei. Se ti desiderassi sempre allora forse ti prenderei.

Ma non sei indispensabile. Posso fare a meno di te. L'ideale sarebbe desiderare ogni giorno di più e ottenerlo. Si può anche smettere di desiderare quando si è soddisfatti di quel che si è avuto. Ma se non si desidera più è come morire.

venerdì 27 novembre 2020

Fimmini allicchitati

Il tempo dietro di noi è pieno di cose fatte e infinite cose. Ogni giorno il barile dell'esperienza si riempie di un giorno. Ogni giorno abbiamo un giorno in più di finite cose fatte. Le cose disfatte sono spesso più delle cose fatte e finite. Se guardiamo agli errori del passato dovremmo finire di sperare per il futuro, tanto e tanti sono i progetti e le spinte a realizzare qualcosa che non c'era. 

Le motivazioni di oggi sembrano più piccole di quelle di una volta. Quando eravamo ragazzi speravamo di cambiare il mondo, adesso che il mondo si è rivoltato contro di noi ci difendiamo dal mondo che è diventato ostile. Quello che era un campo da arare è diventato un'arida sterpaglia. 

Però siamo sopravvissuti e questo dovrebbe bastare. Potremmo allora non guardarci più indietro per non restare fulminati. Potremmo sperare di far tesoro dell'esperienza e andare avanti con gioia. Oggi correvo come correvo un tempo, non succedeva da un pò di tempo. Oggi ho fatto un salto sopra lo scalino, oggi posso guardare allo specchio e alzare la luce per vedere meglio.

Essere non si può più di una volta. I discorsi e le discussioni a voce bassa, le grida e i pianti nella sala tra fratello e sorella, le confessioni delle cose intime tra vicini, i lavori di pasticceria per due giorni ai tempi delle feste in casa, la visita ai parenti per le feste, i baci sulle guance degli anziani seduti alla conca, le olive nere cotte nella carbonella di mandorle, i racconti dell'infanzia e dei giochi da ragazzi, i racconti dei tempi di guerra, lo zio Benedetto che racconta i fatti. La nonna Peppina che racconta della Bella dei 7 veli e si raccomanda, quando stai a letto non fare la croce sdraiato al contrario. La sala delle signore sedute con i riccioli e i bigodini sotto la lampada, mentre vado uscendo dal vapore e respiro il profumo di donne allicchitate.

mercoledì 11 novembre 2020

Got nothing

 Quando non hai niente non hai niente da perdere

ma quando hai avuto non ti accontenti di niente di meno

venerdì 9 ottobre 2020

La stagione dell'amore

I rapporti tra le persone, le relazioni, sono come gli alberi e le piante che crescono. E ogni anno con le foglie i rami fanno anche i fiori e i frutti. Poi aspettano una stagione e nel frattempo il tronco cresce e si rafforza e i fiori sono sempre più intensi nel profumo. A volte il caso porta i semi da una parte all'altra, e quella parte è sbagliata. Spesso i semi dispersi nella terra arida restano inerti. A volte sotto il deserto o i ghiacciai dopo secoli riappaiono. Se la pianta è forte i frutti arrivano, se la pianta è debole spesso muore. 

I rapporti si avvizziscono come i cespugli che volano a forma di pallone quando l'acqua non basta alle radici. Gli uomini come gli animali formano delle comunità, costruiscono delle coppie. Le coppie servono per recuperare l'altra metà perduta, la motivazione che sta alla base della coppia è il desiderio di crescere e la paura di morire da soli. Così le coppie degli animali e degli uomini formano degli arbusti e dei cespugli o anche dei larici secolari. Formano degli organismi terzi la cui sopravvivenza dipende da due forze che a differenza delle piante non ha un'unico posto dove crescere. 

La pianta della coppia vive fuori dallo spazio e dal tempo usuale. Ma conserva il ritmo delle stagioni e del tempo, perché lo stesso giorno dell'anno, dopo 25 anni o 30 anni succede la stessa cosa. Le due anime si riuniscono o cercano di farlo. I due uccelli cercano il nido, le due piante alzano i rami al cielo. Il cielo non risponde a tutte le piante animate, a tutte le anime che sono radicate in qualche roccia. Ma il respiro di ognuno respira nell'altro allo stesso modo anche se con minore intensità o con diversa prospettiva.

Le cose delle piante sono come le cose delle anime. Le foglie tremano prima di essere tagliate. Come il bestiame sente l'arrivo dello sparo in testa camminando nella corsia della sua morte. Noi ci parliamo ed è come fosse ieri. Chiedo al mio amico qualcosa che solo io e lui sappiamo cosa. E succede adesso come succedeva ai tempi delle nostre serate nel chiarore di una lampada da tavolo. La nostra panta è come un abete. Parlo nel sonno con mia madre e mia madre mi chiede. Il nostro albero è grande come il cielo.

Adesso vogliono dirci che non è il caso di pensare né al passato né al futuro, troppe preoccupazioni rovinano il sogno di felicità. Il pensiero zen del mondo globale dice che è meglio non pensare e godersi il momento. Ma neanche le piante possono farlo, neanche il nostro cuore ce la fa. Dovrebbe smettere di battere per qualcosa che desidera. Dovrebbe finire di soffrire in questa terra. Ma la morte su questa terra non sarà mai l'anticamera della vita.

Come le strade diventano umide e gialle anche il senso dell'animo porta verso lo stesso posto riservato al cuore negli autunni trascorsi. Le foglie cadono oltre la finestra chiusa, la presenza delle persone cade dentro i nostri sogni della siesta di mezzogiorno. Le carezze delle persone care si confondono con le carezze e gli abbracci alle coperte, all'amica a quattro zampe e all'altra amica dalle penne gialle. Che canta solo quando mi vede per dirmi che il suo compagno verde è volato via e non canta più.  

mercoledì 7 ottobre 2020

La pandemia potrebbe evitare l'estinzione

In 25 anni, l’1% più ricco della popolazione mondiale – pari a 63 milioni di abitanti - ha emesso in atmosfera il doppio di CO2 rispetto a 3,1 miliardi di persone, la metà più povera del pianeta. Un dato che restituisce la fotografia di un mondo in cui la metà più povera è costretta a subire l’impatto dello stile di vita insostenibile di pochi milioni di persone.È l’allarme lanciato oggi con il rapporto Disuguaglianza da CO2, pubblicato da Oxfam in collaborazione con lo Stockholm Environment Institute, alla vigilia dell’Assemblea generale della Nazioni Unite che vedrà i leader mondiali impegnati a discutere di sfide globali, compresa la crisi climatica.

Emissioni più che raddoppiate in 25 anni, sempre più difficile contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi

Dalla ricerca, che analizza la quantità di emissioni per fasce di reddito in un periodo - tra il 1990 e il 2015 - nel quale le emissioni di CO2 in atmosfera sono più che raddoppiate, risulta che il 10% più ricco è stato responsabile di oltre la metà (52%) delle emissioni di CO2 in atmosfera tra il 1990 e il 2015; l’1% più ricco del 15%, più di quanto non abbiano contribuito tutti i cittadini dell’Ue e il doppio della quantità prodotta dalla metà più povera del pianeta.

Nello stesso periodo, il 10% più ricco ha consumato un terzo del nostro “budget globale di carbonio” (global 1.5C carbon budget) mentre la metà più povera della popolazione solo il 4%. In altre parole, l’ammontare massimo di anidride carbonica che può essere rilasciata in atmosfera senza far aumentare la temperatura globale sopra 1,5 gradi centigradi è stato già consumato per più del 30% dal 10% della popolazione più ricca del pianeta. L’aumento oltre gli 1,5 gradi centigradi della temperatura globale è considerato dagli scienziati il punto limite oltre il quale si verificherebbero catastrofi climatiche.

Le emissioni annuali sono aumentate del 60% tra il 1990 e il 2015: il 5% della popolazione più ricca ha determinato oltre un terzo (37%) di questo aumento; l’1% più ricco ha aumentato la propria quota di emissioni 3 volte di più rispetto al 50% più povero della popolazione.

“Lo stile di vita, di produzione e di consumo di una piccola e privilegiata fascia di abitanti del pianeta sta alimentando la crisi climatica e a pagarne il prezzo sono i più poveri del mondo e saranno, oggi e in futuro, le giovani generazioni. - ha detto Elisa Bacciotti, responsabile campagne di Oxfam Italia – I dati raccolti dal 1990 alla metà degli anni Dieci, ci raccontano di un modello economico non sostenibile, né dal punto di vista ambientale, né dal punto di vista economico e sociale, che alimenta la disuguaglianza soffocando il pianeta da tutti i punti di vista”.

Con l’allentamento delle restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19, le emissioni di CO2 torneranno a crescere: è essenziale perciò ridurre del 30% le emissioni globali per non esaurire, entro il 2030, la quota di emissioni massima che possiamo permetterci di produrre senza far aumentare la temperatura globale oltre 1,5 gradi centigradi. Questo implica una modifica profonda delle abitudini della fascia più ricca del pianeta: oggi la disuguaglianza da CO2 è talmente profonda che, anche se il resto del mondo adottasse un modello a emissioni zero entro il 2050, il 10% più ricco potrebbe esaurire le sue riserve entro il 2033. Il rapporto stima infatti che il 10% più ricco dovrebbe ridurre di dieci volte le proprie emissioni pro-capite di CO2 entro il 2030, per fare in modo che l’aumento delle temperature globali non oltrepassi 1,5 gradi centigradi.

Durante il 2020, con una temperatura media globale di 1°C al di sopra dei livelli preindustriali stimati, i cambiamenti climatici hanno provocato cicloni violentissimi in India e Bangladesh, invasioni di locuste che hanno distrutto i raccolti in molte regioni dell’Africa, ondate di calore senza precedenti e incendi in Australia e Stati Uniti.

giovedì 9 aprile 2020

Mòviti a casa

Mòviti a casa, unni agghìri? Cu ti cci potta? La normalità non tornerà. Forse alla fine del 2021. Perciò ora che si fece tardi, stai accùra al giardino, Now the gardener is gone, ora che il giardiniere se n'è andato. Non vedi che c'è fuori? Fuori c'è la peste. c'è il sangue nelle strade, i poveri umani e gli uomini poveri. Tornerà il pauperismo del 600? I poveri si vergognano, i vecchi spariscono. Il farmacista aspetta le mascherine nuove. Il vecchio non fa più la barba, il vecchio si tiene addosso il cappello e la coppola pesante, si tiene in piedi sui suoi vecchi pantaloni pesanti. 
Sono stato fortunato a crescere nella bomboniera profumata, perciò ora anche la forfora degli altri mi fa allergia. Ora che la peste è in giro non vado più in giro. Ora guardo la peste dalla ringhiera. Guardo la vita che muore come uno che guarda e non vive quella morte. Come un morto dietro alla finestra a vetri e che guarda il resto delle cose che vanno avanti da sole. Anche senza di lui. Le cose vanno, per quel che possono andare vanno. Il fiume scorre con la piena dopo la pioggia, la sera tutto fa puzza di marcio e di umido. Di giorno le nuvole tornano indietro, come le lucertole tornate sui muretti (ma dove erano andate?).

giovedì 19 marzo 2020

Cu disia

Cu Disìa
cu sfrizzìa
e cu mori disiannu.

venerdì 27 dicembre 2019

Il confine del confino

Si svegliò in un letto in una stanza piena di quadri. La prima cornice, la più importante, era una veduta di Roma, Castel S. Angelo e il ponte sul Tevere del Piranesi. Il disegno in bianco e nero mostrava carrozze del seicento, signori e pastori con pecore lungo il fiume.
Fuori nella strada, dopo un prato di erba alta, si apre una porta e la recinzione di un cimitero di auto. Lo sfasciacarrozze accatasta su tre livelli, e poi su quattro, le varie carcasse fino a coprire alla vista il greto di un fiume. Più avanti un altro cimitero con lapidi di granito o di pietra a fianco di altre in verticale di marmo bianco con fiori falsi e luci accese.
Era sul confine ma non era confinato. Era tornato nella casa di qualcuno che aveva conosciuto bene. Sentiva i loro discorsi e il profumo dei fiori sul vaso, vedeva i gesti in cucina e nel soggiorno. Ora viveva fuori dalla città, viveva in una casa con giardino, viveva per piantare alberi e palme e poi lasciarli ad aspettare fino al prossimo ritorno.

sabato 15 giugno 2019

ll motore del 2000

60 milioni di persone convivono con 60 milioni di automobili, automezzi, furgoni e motocicli. Le strade giorno e notte sono piene di automobili, ogni auto è inseguita da un'altra auto che va nella stessa direzione.

Gli autisti delle macchine hanno il diritto di perseguitare la macchina davanti, hanno il diritto di andare sempre tranne in caso di code giustificate dall'idea che se nessuno protesta allora neanche io. Gli autisti possono parcheggiare negli incroci e in doppia fila lasciando il minimo spazio per le altre di passaggio. Gli autisti possono stare fermi con il motore acceso e aria condizionata per guardare lo smartphone ore e ore.

Dalla invenzione della ruota si ricorda l'altra invenzione fondamentale della rotonda, un modo per far andare le auto in modo continuo. Inoltre l'invenzione del senso unico nelle città di piccole dimensioni - associato alla libertà di parcheggio perpetuo - ha, invece, favorito la chiusura dei negozi e anche l'idea di fare shopping nei paesi.

Tutti i pochi parcheggi delle città sono pieni tranne nei centri commerciali, un caso di grande successo per chi ha voglia camminare. I centri commerciali sono paesi di piccole dimensioni con circa due terzi dello spazio riservato ai parcheggi. Lo stesso per le aree di servizio dedicate agli automobilisti per il rifornimento del gasolio o della benzina.
Le aree dei benzinai più attenti al futuro, infatti, sono attrezzate, più dei paesi, con aree dedicate ai giochi dei ragazzi e alle deiezioni dei cani.

Le vecchie città sono ridotte a sensi unici con due file di auto parcheggiate o anche una sola, a seconda della dimensione. Sono dei dormitori, sono dei villaggi abbandonati del far west con le sterpaglie che volano al vento.

Quelli che erano delle comunità di persone che si salutavano e si incontravano ora sono dei posti infernali inquinati da rumore e fumi, sono cumuli di automobili ferme parcheggiate o automobili che vanno lentamente verso i centri commerciali o verso il supermarket con ampio parcheggio.

Le persone non scendono più in strada, quei pochi si salutano a gesti dai balconi. Le persone vanno in macchina e le macchine si guardano tra loro senza dire niente.

mercoledì 29 agosto 2018

A briglia sciolta

I cani attaccano per difendere qualcosa. I cani maschi difendono le loro donne e il loro potere nei confronti degli altri membri del gruppo sociale.

I cani femmine non difendono il loro partner maschio, piuttosto il territorio e i cuccioli. Di solito le femmine non attaccano le altre femmine per difendere il loro maschio.

Da qui la consuetudine dei padroni di cani maschi di evitare contatti con esponenti dello stesso sesso nei luoghi dove incontrano gli sconosciuti, l'ingresso dell'area cani liberi.

A Milano, Piazza Parco dell'Accoglienza, zona Carità del Pane quotidiano, nei pressi del campo di calcio si ripete la scena. Ma questa volta ne fa le spese anche la logica.

Padrona di cane maschio a padrone di cane entrante.
- Il suo cane è maschio?
- No.
- E' femmina?

venerdì 17 agosto 2018

Dal collo in avanti

In una mattina di un giorno di festa il parco degli animali liberi della città era vuoto tranne che per tre o quattro cani.

Aretha

aretha crystal jukebox queen of hymn & him diffused in
drunk transfusion wound would heed sweet soundwave
crippled & cry salute to oh great particular el dorado reel
& ye battered personal god but she cannot she the leader of
whom when ye follow, she cannot she has no back she
cannot . . . beneath black flowery railroad fans & fig leaf
shades & dogs of all nite joes, grow like arches & cures the
harmonica battalions of bitter cowards, bones & bygones
while what steadier louder the moans & arms of funeral
landlord with one passionate kiss rehearse from dusk &
climbing into the bushes with some favorite enemy ripping
the postage stamps & crazy mailmen & waving all rank &
familiar ambition than that itself, is needed to know that
mother is not a lady . . . aretha with no goals, eternally
single & one step soft of heaven
/ let it be understood that
she owns this melody along with her emotional diplomats
& her earth & her musical secrets
(Tarantula 1967)

giovedì 5 gennaio 2017

Ladro di casa

Ho finito di desiderare, sono come morto
Sono come un morto che cammina
Non ho altro da fare o da cercare

Seppellitemi sotto il mandorlo
Quando sarà grande sarà la mia ombra
Mi resta solo di rinascere e ricominciare

Ora vedo tutto quel che non vedevo prima
Ora vedo la mia stella nel cielo buio
Ora vedo la mia stella brillare da un punto verso un altro

Sono come un aquila che vola sulle cose
Sono come un lupo che dorme nei ghiacciai
Sono un ragazzo che corre la prima vola alla collina

Come un ladro che difende il suo gregge e i suoi cari
Come un buffone che trascina i suoi giochi
Come un suonatore inseguito dalle campane della terra

martedì 3 gennaio 2017

Capitale del Bitcoin

Era una domenica e Jaime era d'accordo per un pranzo insieme. In realtà mi aveva invitato non so bene perché. Ci parlavamo da un pò ma non mi aspettavo questo giro. Forse solo ora ho capito perché, dopo una ventina di anni secondo i miei tempi di realizzo. Jaime guardava al futuro di suo figlio in qualche modo. Tanto che ho scoperto ora che si chiama come lui.

Da Milano a Reggio Emilia per le feste di Natale un giorno si trova per vedersi finalmente. Dice, andiamo a mangiare in un posto che conosco davanti a una roccia. Jaime ha una voce da ventriloquo, ma è tipico dei parlatori spagnoli arrotolare le consonanti. Lui viene dalla repressione dei cileni sotto Pinochet. Viene dagli anni settanta, forse ha qualche anno più di me. Sicuro.

Jaime ha qualche anno più di me. Ha un figlio di 25 anni il mio cliente Jaime, il ventriloquo dalla moglie gentile. Che era piccola, nera e silenziosa e non mi ricordo che abbia mai parlato. Questa la sua visione sotto la rocca di Dante, della Divina Commedia. Questo il suo pensiero di profeta e guru, di incas portasfiga.

Ci hanno detto, lasciate perdere. Basta con il solito impegno del giorno, risparmiate il sudore della fronte. Finitela di lavorare, potete godervi quello che avete. Consumate quel che avete ma, per favore, non chiedete altro. Italiani, andate in pensione. Da oggi in poi avete chiuso con la speranza, ma avete chiuso anche con le preoccupazioni.

Verso la fine del secolo ci hanno detto, ecco la nuova divisione del lavoro e dei compiti. Una volta si diceva la divisione mondiale del lavoro. I francesi distribuiscono agli italiani quello che producono i tedeschi o i cinesi meglio ancora. Finché avremo qualche soldo dai patrimoni consumeremo senza produrre più niente perché non conviene più.

L'amico cileno di stanza in Romagna fa il veterinario, profugo con moglie e figlio, mi ha parlato davanti alla rocca di Reggo Emilia o di Parma. Forse in mezzo a Parma e Reggio Emilia. Mi ha anche detto, queste sono le calanche, la terra che muore. C'è chi produce e c'è chi consuma. Voi consumate se potete. Al resto, investimenti e rischio, ci pensiamo noi. La nuova ricchezza non è materiale, la ricchezza viene dalla finanza e dalla rete. Lo aveva detto anche un altro tipo, un altro cliente veggente che mi si era attaccato come una cozza. E aveva lasciato tutto per diventare un trader di borsa.

Infatti ora gli italiani sono fermi al tenore di vita di venti anni fa. Ora vorrebbero fare qualcosa e uscire dall'euro. Ma allora tutto sembrava funzionare. Così i veggenti di allora hanno fatto un mutuo e invece di comprare una casa hanno comprato delle azioni. Prima ci hanno perso ma poi le hanno ricomprate ancora, quelli più fedeli alla linea, e ora il capitale è in mano ai lavoratori. Non solo ovviamente, ma larga parte. Solo in Italia 10 mila miliardi sono ricchezza di carta finanziaria.

Ora gli azionisti sono i comunisti di una volta. I comunisti sono i veri capitalisti e i capitalisti erano i primi veri comunisti. Lo disse anche Marx, la borsa è il primo passo del capitale verso il popolo. Lo dice anche il figlio di Jaime che si chiama Jaime. Ora ha anche un app e la barba lunga. Ed è molto curiosa anche una signora di come investire nei Bitcoin che hanno reso tanto nel 2016. Da 70 a 890 dollari.

C'era qualcosa degli anni '60 in quella casa del padre. Prima di uscire per il nostro pranzo sono andato in bagno e nel bagno c'era un quadrato di merletto o non so bene come si chiama quella stoffa lavorata. Era sotto una bottiglia di un profumo deodorante, ma veniva dalle mani di una donna cilena. Era un pezzo di coperta ad uncinetto fatta a mano dalla madre della moglie di Jaime.

Ero in quel bagno, ero entrato nella vita di una famiglia di profughi cileni che diventano investitori europei. Credevo di essere a casa di un nuovo amico, devo ringraziarlo e anche lui mi disse grazie.

giovedì 24 novembre 2016

Pieno di giubilo

Le stanze erano vuote, solo io e lei. E anche silenziose, fino a quando succedeva qualcosa nell'aria della pace degli angeli. Fino a quando non è arrivata Faccia di Luna che dormiva di un sonno pacifico. Nella stessa naca di legno con le barre gabbia di leone dove avevo dormito anche io.

Non si vedeva niente dal corridoio, leggevo i miei giornaletti o infilavo le mani dentro la presa di corrente quando avevo già la febbre a 40. Tempo niente le superfici di ogni stanza lucevano di fresco e di pulito come se fosse un tempio di Damasco. C'erano all'interno pavimenti di marmetta e intoste. Fuori, invece, il portone e le finestre di legno avevavo la pietra bianca e sotto fino a terra i fascioni di pietra lavica bugiardati.

Di mattina presto prendeva a lavare e stendere fuori lenzuola e cammisi. E chiudeva il rubinetto con il suo getto di acqua gelata. Perciò la finiva di zammatiare nella pila o di scaminare e anche di agniutticare le tovaglie. Le sue mani bianche mi passavano sulla fronte, sapevano di sapone Perla ma profumato del profumo della pelle e del corpo.

Ma la casa era piena del suono della sua voce. Il canto si alzava irregolare da dietro la veranda che era di vetro a quadretti con dei supporti di ferro verniciati di un bianco crema. La voce cantava nell'atrio alto quattro metri, per alcuni secondi cercava le parole, poi riprendeva e ripeteva lo stesso motivo. Nel ripeterlo aumentava il volume ed era una specie di melodia nuova. Entrava nelle orecchie come nel cuore perché voleva dire, sono felice di essere qui.

Stirava e cantava Mira il tuo popolo/bella Signora/ che pien di giubilo/oggi ti onora. Qualche volta, saliva sulle scale addosso ai vetri o le tende del salotto anche Tutti mi dicono stella/stella di antico splendor. Ma il suo pezzo forte era Balocchi e profumi per te.

mercoledì 26 ottobre 2016

In blue

And when finally the bottom fell out
I became withdrawn,
The only thing I knew how to do
Was to keep on keepin' on like a bird that flew

venerdì 14 ottobre 2016

Minstrel Boy

Non c'entra niente con la letteratura, quella di Baricco barocco. C'entra con la poesia, il blues e il rock 'n roll e la nuova forma e il suono delle parole quando sono dentro la musica. C'entra con la Pop art, la Muzak, i suoni distorti delle note nei supermercati, c'entra con i cori degli Scout e con l'arte dei Menestrelli. C'entra con i canti di lavoro, con le donne intorno a un tavolo che raccontano e poi cantano le storie di vita, con i lupi che abbaiano alla luna.

Bob Dylan è un'invenzione di uno che si chiama Robert Allen. Cresciuto nella città rossa di metalli pesanti e di treni merci con la radio e la musica della Louisiana, di Hank Williams e di Robert Johnson e di Charlie Patton e di Muddy Waters. C'entra con Allen Ginsberg o Andrej Evtushenko, i poeti beat, i versi sulla spiaggia di Ostia nel '78. C'entra con Ezra Pound e con Jack Kerouac con le miniere dell'Iron range, i rifugi anti atomici e le droghe negli appartamenti vuoti dell'East Side.

Dylan non scrive poesie, le canta sotto la pioggia o nel fango, sulle montagne di neve o nei campi da baseball al tramonto davanti alla gente sdraiata sull'erba o la sera a Tulsa, Oklahoma, la città insulsa, Just like a Woman "but You breaks just like a little girl". Dylan è un poeta nel senso che è un uomo nudo che cammina, vive in un camper e trascina dietro le famiglie della band e degli attrezzisti e degli accordatori di chitarra che vivono sotto una tenda. Raccolgono le verdure per la cena attorno al palco delle città di provincia. Poi prima del concerto, come i toreri, indossa la sua divisa con la piuma colorata nel cappello e attacca una cosa sconosciuta a tutti che dice: "I'm the Man Thomas, I'm the Man".

Ha copiato tutto o quasi ridando dignità ai giganti dimenticati che li hanno scritto e cantato. E' un piccolo Menestrello dalle gambe come un fenicottero che chiede una moneta nel cappello. Please welcome the Columbia recording artist. Pappara parapà rapà. "They're selling postcards of the hanging, selling a passport brown". But "Your heart is like an Ocean, misteriously dark. Meno male, stavolta ancora the circus is in town.

Minstrel Boy

Chi getterà una monetina a quel menestrello?
Chi la farà rotolare?
Chi getterà una monetina a quel menestrello?
Chi la farà cadere facilmente per salvare la sua anima?

Con un pò di fortuna è arrivato, ha guidato per un sacco di tempo
ed ora è bloccato sulla cima della collina
con dodici motori accesi, è stata una scalata ardua e lunga
e con tutte quelle signore, ma è ancora solo

mercoledì 21 settembre 2016

Oculato e profumato

La polvere dei rumori ricopre la gente, i mobili delle case lasciate dai morti. Ma oggi è giorno di nuvole e umido, potrebbe essere la tregua dell' estate permanente. Forse il ghiaccio del polo Nord la smette di sciogliersi. E questa prima acqua dal cielo potrebbe cancellare i segni del tempo, almeno dai vetri delle auto in sosta.

Nell'atrio di ingresso del palazzo una signora con occhiali parla del tempo a un'altra più giovane, e questa risponde per cortesia. Ma la signora con la parlantina non la ascolta, deve rammentare della neve dell'86 alta così e dei falsi miti sul freddo di Milano. L'altra dice allora del terremoto in Emilia e in Irpinia, era bambina e il padre la teneva per mano mentre scappavano dal palazzo di Salerno.

La porta dell'ambulatorio davanti alla piccola folla non si apre ancora, manca qualche minuto. Pare solo questione di minuti, la porta si aprirà alle nove. Quando cerco di entrare si capisce che è chiusa dal di dentro, allora aspetto con le due signore che continuano a parlare, ora del tempo ora di qualcosa a cui potrei rispondere secondo quanto si capisce. Ma non abbocco e mi concentro sulle maniglie d'epoca del portone di vetro.

Nell'ingresso del palazzo c'è un cartello che dice Sono vietati gli assembramenti e anche altri eventi di disturbo della quiete. Le due parlano ora del più e del meno a volume sostenuto tanto che qualcuno esce dall'ascensore preoccupato. A un certo punto verso di me sale dal centro dell'atrio un profumo penetrante come di acqua di colonia a lungo conservata. Lo sento nel centro della testa e in mancanza di ricambio di aria potrei decidere di lasciar perdere la visita dell'oculista.

Un rumore dietro la porta fa intendere che ormai l'ambulatorio è aperto. Così giro la maniglia e questa si apre. Al che la signora parlante si gira di scatto e la lascio passare come si fa coi tori davanti alla muleta. Lei però aspetta il dottor tal dei tali che non arriva mentre l'altra per sua fortuna va dritta verso l'altra porta aperta del medico specialista.

Il mio medico è diventato più anziano ma è sempre gentile, si notano dei mocassini colorati in contrasto con il grigiore del resto. Inoltre perlustra il fondo dei miei occhi con varie apparecchiature con il solito garbo e cortesia. Ruota ogni attrezzo il maestro degli occhi, copre le pupille quando serve e poi le scopre, dice di guardare verso la lucetta e io guardo. Poi si avvicina come se volesse vedere dentro la cornea con un attrezzo luminoso, si avvicina e stringe il dorso della mano sulla mia guancia fino a che dice, ora guardi la luce. Stringe forte anche l'altro occhio e l'altra guancia, poi finisce tutto.

Credo di aver diritto a un rimborso parziale di una parcella e mi reco perciò all'ufficio amministrativo guidato da due altre impiegate diverse dalle prime addette all'ambulatorio. Ma la signora parlante mi ha seguito e ora aspetta anche lei davanti al secondo sportello. L'odore di colonia si è impossessato così di quest'altro ufficio adiacente al primo in un altro numero della via e di tutti noi che aspettiamo un certificato e una fotocopia come riscontro.

Per un attimo, uscito fuori per strada, mi sono chiesto se la puzza mi era stata attaccata per contagio. O se venisse da me, oggi che ho fatto la doccia con un sapone diverso. Chissà tante volte, non si sa mai. Ma non avendo un riscontro preciso sulla questione ho ritenuto di non pensarci più. La signora con gli occhiali e l'ombrello era scomparsa ormai ed era ora di fare colazione con una bella brioscia e un cappuccino al chiosco del Tumbun di San Marco.

mercoledì 14 settembre 2016

Giannitto e le pallottole

Per la festa di Novembre i ragazzi del quartiere di S. Antonio avevano preso i regali lasciati dai Morti la sera prima. Ognuno aveva il suo, chi una carabina e pallottole, chi la fondina e il cinturone. A un certo punto i ragazzi della III Traversa fecero un passo indietro verso la zona della fontanella. Nino Gugliotta e Gianni Piana erano a capo della prima squadra.

Quelli della IV Traversa e delle altre zone del quartiere ammessi alla parata fecero un altro gruppo. Si cominciò a sparare con fulminanti e caps. Qualcuno cadeva a terra e qualcun'altro si rialzava, si era fatto un bel buco alla camicia nuova. Finalmente tutti si misero a correre gli uni nel campo degli altri come gli indiani verso Fort Apache. Ma a un certo punto i caps e i fulminanti cominciarono a esplodere nelle tasche di uno a causa del calore e delle cadute. 

Il fumo usciva dalle tasche dei pantaloni corti nuovi nuovi mentre le pistole cadevano per terra. Il botto si fece sempre più forte e continuo, man mano che un fulminante contagiava l'altro fulminante e così via fino alla fine di tutto il materiale esplosivo.

La sera la battaglia era finita. Le ferite alle ginocchia non si sentivano più. Allora Nino apriva il garage, arrivavano le ragazze e si armava un palco per la band con la chitarra elettrica di Niccolo Rapisarda. Una specie di Samba Pa Ti era il suo ultimo successo. Niccolo era quello coi capelli rossi della VI Traversa. La ragazza dai capelli neri aveva una sorella e veniva solo per le feste dalla grande città.

Gianni aveva spesso gli occhi velati come da qualcosa che doveva spostare per guardarti bene in faccia. Poi ti prendeva sotto braccio, quando doveva dirti qualcosa di importante. Un giorno andiamo al mare insieme Turi, mi disse. Voglio imparare a nuotare insieme a te, la voce era roca e bassa come per confessare qualcosa.

Trans art

Questo paese è mix ingegnoso di povertà, assenza di Stato, casta di garantiti, piccoli e medi con partita Iva allo sbando, ragazzi in libera uscita e un popolo di gaudenti disposti a finanziare tagliagole e ghigliottine.

Da Nord a Sud è il terreno di coltura ideale per comici e meravigliati della grotta. Poi ci sono quelli fuori, ai margini, chi ruba per tre e chi non ruba ma elude e diventa ricco.
Trans art e il sasso piatto
Per fortuna sono ancora tanti a tirare avanti anche per gli altri, prendono un tram per andare e tornare a casa, portano i cani e figli a spasso per il parco. In questo paese arrivano i ragazzi di tutti i colori del mondo e vengono a imparare quello che per secoli abbiamo imparato e ora stiamo dimenticando di proteggere. 

La guerra civile, lo scontro sociale, potrebbe crescere - il modello siriano è quello che si porta di più adesso - tra i poveri senza niente da perdere e tutto il resto che non governa e che abbandona le cose pubbliche, dalle strade alle scuole. Uno Stato senza autorità ostaggio dei suoi tirapiedi e protetti, uno strato di brava gente disposta a emigrare e una casta di protetti dagli amici degli amici.

venerdì 9 settembre 2016

Marcia longa

Partiti dalla IV Traversa arrivarono già provati al piazzale del Municipio che si apre dopo il giardino pubblico in cima alla XIX Traversa. Mimmo Russo sbandierava segnali da una macchina, un altro socio amico suo alto e dal naso grande appendeva i numeri alle magliette. Il gruppetto si unì agli altri tre mila concorrenti che andavano a passo di corsa ma una volta a Borrello, dopo appena un paio di km, si misero a camminare.

Verso le 10 i castagni passavano a fianco e la ginestra anche, a forma di albero e di siepe. Era la prima Marcia Longa da un paese verso il rifugio Sapienza, una specie di corsa maratona di 22 km trasformata in scampagnata con le madri e le vicine pronte a rifornire i poveri ragazzi di succo di arancia o latte di mandorla.

In gruppi sparsi i maratoneti veri avevano tagliato il traguardo intorno alle nove e mezza mentre i camminatori passeggiatori arrivarono con un certo sforzo, certuni senza scarpe e altri con le piaghe sotto i piedi. Alle 11 dopo tre ore di camminata sull'asfalto il monte San Leo e la contrada della Quercia erano chiari e limpidi, gli occhi cominciarono ad appannarsi di fronte all'Albergo di Corsaro. 

Turi Pulvirenti era il più preciso e ordinato, tirò fuori il fazzoletto bianco piegato in quattro dalla sua borsa a tracolla e si asciugò la fronte. Pippo Rapisarda e Gianni Piana fecero le foto, si perse del tempo per salire sui muretti e schierarsi in ordine. Solo Pippo Motta e Ciccio Santamaria erano freschi come le rose, forse perché erano abituati a spalare terra e portare i secchi di calce.

martedì 6 settembre 2016

Amparissi

Stavo seduto sul bordo dell'acqua corrente e avevo la sensazione di muovermi con lo sfondo del canale e dei riflessi dei palazzi della Darsena. Un cartello dice che la costruzione risale al 1648 e poi che sfrutta la pendenza del suolo da Milano fino a Pavia. Una cosa colossale al confronto dei palazzoni di cemento alti sui tetti della città a forma di vela.

C'è un momento per correre e uno per fermarsi. Di solito nel primo caso si guarda avanti, nel secondo, al contrario, si guarda indietro. L'acqua del Ticino arriva fino a qui, portava le barche che portavano i marmi e le pietre del Duomo, le verdure e il riso dell'Oltrepò, la gente commerciante, i ragazzi e le ragazze a cercare fortuna.

Il sole dell'estate scalda ogni cosa, anche le bancarelle di peruviani. Vendono il frutto proibito, il platano che diventa nero e dolce. "Questo si mangia fritto!" C'è un sedile di marmo bianco a forma di onde, le mura di mattoni rossi sono nuovi. Ma qui avevano fermato i lavori perché c'era anche un porto romano e per anni si vedevano solo paratie di alluminio.

Che combini? Subito risponde. Scusa con chi parlo? E tu chi sei? Ho tenuto per mesi la tua tela di juta con dei graffi, era incorniciata nel legno grezzo. Mi chiedevo se ancora lavori con dei quadri. Io sono nome e cognome ed ero amico, cioè ero fidanzato di questa che poi era amica di tua sorella e perciò anche tua. E come hai avuto il mio numero? Sono passati alcuni decenni, diciamo almeno tre, però mi ricordo della forma del suo viso. E pensavo a come si cambia o a come non si cambia,  a come restano impressi dei dialoghi, delle ombre nella luce accecante o delle luci nella notte. 

Sarà stato perché il numero non lo ha mai cambiato e ora mi sei apparsa come essere attivo e pulsante. Forse me lo aveva dato pensando che un giorno ti avrei chiamato. Quella sera siamo arrivati a Sabaudia in 500 percorrendo la Pontina, nella piazza romanamente disegnata dal Duce e ora giustamente i veneti bevono l'ombra seduti al bar già la mattina. 

Un gatto salì addosso tra le mie gambe e si fece un certo clamore intorno. Poteva essere la copertina del primo album folk rock rivisitato tra i pini marittimi, Moravia e la sua amica camminavano a stento tra i portici. C'era un laghetto, un uccello raro morto ritrovato tra gli alberi sulla strada all'ombra della riserva. C'erano due amiche stese sul letto con la faccia coperta di una crema verdastra rigenerante dopo tante ore di trattamento.

Il tempo passa e spassa come un piccione sopra il suo pezzo di cornicione. Sui bordi del Naviglio ora ci sono quelli con computer e barbetta riccia. Mi ha fatto piacere la tua chiamata, sono un'artista, puoi trovarmi e sapere delle mie mostre, della Triennale anche. Certo, sicuro, grazie, allora ciao. Ma non mi ricordo come ci siamo conosciuti, mi ricordo che ci siamo visti in via De Lollis ed era passato del tempo, forse un anno dalla prima volta. Quando ero dalle tue parti e il professore cieco ascoltava Haydn in una stanza buia per apprezzare la grande musica davvero.

venerdì 2 settembre 2016

Stesso tempo

Quando ero appena giovinetto volevo una ragazza sexy sbrexy, invece ho preso una fidanzata rasserenante come fossi un vecchio. Quando ero giovanotto volevo avere un figlio, mi è capitata una tipa giustamente passionale ma un pò lamentosa e sterile. Quando decisi di avere una famiglia mi sposai con una dolce arguta intellettuale, il bambino era di troppo e fu come congelato.

Poi ci fu un tale movimento che non si capiva niente sul destino e sulle direzioni. Era il caso di mettere un punto e ricominciare. Così presi alla grande l'idea del ranch nel far west con animali e compagna ma purtroppo una aveva già un figlio da accudire e l'altra anche delle galline da uova da covare. Quando poi mi ritirai nel mio esilio confinato nella natura sconfinata, coltivai gli ulivi, e con buone scarpe per tanta terra ancora riprendevo a camminare e a respirare.